Entanglement (Intrecciati)

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Per molti fisici i fenomeni di Entanglement Quantistico si riconducono all'universo primordiale. Più precisamente, subito dopo il big-bang le particelle elementari che avrebbero successivamente costituito materia e radiazione, erano "unite" in quanto lo spaziotempo era praticamente ridotto ad un unico punto.

Con il successivo processo di espansione, le predette particelle hanno conservato memoria di tale legame primordiale. Ovviamente, ciò è una spiegazione intuitiva dell'Entanglement e come tale non compone una teoria sperimentalmente verificabile.

Tuttavia, vale la pena esplorare questa spiegazione cercando un qualche modello matematico che sia in grado di inglobarla. Ad esempio, potremmo congetturare uno spaziotempo o più specificatamente, uno spazio tridimensionale a metrica variabile a causa di un qualche effetto di natura quantistica. In regime newtoniano, la metrica dello spazio 3-dim è espressa dalla metrica:Entanglement quantistico, un fenomeno della meccanica quantistica che rappresenta una “spaventosa azione a distanza”

E’ stato oggi fotografato per la prima volta da un team di fisici dell'università di Glasgow, nel Regno Unito. Il gruppo ha mostrato la prima immagine della strana interazione fra le particelle che è alla base fenomeno e del funzionamento dei computer quantistici.

L'entanglement quantistico si manifesta quando due particelle sono intrinsecamente collegate e questa unione ha effetti sul sistema fisico: qualsiasi azione o misura sulla prima ha un effetto istantaneo anche sulla seconda (e viceversa) anche se si trova a distanza. In questo caso gli autori hanno fotografato l'entanglement fra due fotoni che interagiscono e per un istante condividono lo stesso stato fisico.  

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Entanglement, quesito sconosciuto

Testo

Il comportamento ondulatorio della materia previsto dalla meccanica quantistica è inoltre alla base di un altro sorprendente fenomeno, tipicamente quantistico, noto come entanglement (ovvero intreccio) che caratterizza gli stati quantici di sistemi fisici (microscopici) tra loro interagenti. Si può certamente affermare che l’entanglement quantistico rappresenta uno dei fenomeni più misteriosi, e tuttora sostanzialmente inspiegati, di tutta la fisica a tal punto che Erwin Shrodinger, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica lo definiva il “tratto caratterizzante” della teoria quantistica, e Albert Einstein non riuscì mai ad accettarlo fino in fondo tanto da ritenerlo la prova stessa che la meccanica quantistica fosse una teoria sostanzialmente inesatta (o quantomeno incompleta).

In estrema sintesi, il concetto di entanglement è basato sull’assunzione che gli stati quantistici di due particelle microscopiche A e B (ma anche, in una certa misura, dei sistemi macroscopici) inizialmente interagenti possano risultare legati (appunto “intrecciati”) tra loro in modo tale che, anche quando le due particelle vengono poste a grande distanza l’una dall’altra, la modifica che dovesse occorrere allo stato quantistico della particella A istantaneamente avrebbe un effetto misurabile sullo stato quantistico della particella B, determinando in tal modo il fenomeno della cosiddetta “azione fantasma a distanza” (spooky action at distance).

Secondo lo stesso Einstein, l’esistenza di una tale “interazione” a distanza metterebbe in seria crisi la nostra concezione di come la natura funziona, determinando conseguenze paradossali (come quelle descritte dal cosiddetto paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, altrimenti noto come EPR). Tale affermazione, come divenne chiaro molti decenni dopo, deve essere interpretata esclusivamente con riferimento alla Teoria della Relatività e non può essere ritenuta di validità generale.

Nel 1964 il fisico John Bell ricava una diseguaglianza matematica (nota, appunto, come diseguaglianza di Bell) che quantifica il massimo grado di correlazione tra gli stati quantici di particelle spazialmente distanti nell’ambito di esperimenti in cui sono soddisfatte tre “ragionevoli” condizioni:

gli sperimentatori hanno libero arbitrio nell’imporre le condizioni iniziali dell’esperimento;
le proprietà delle particelle che vengono misurate sono reali e preesistenti e non emergono soltanto al momento dell’esperimento;
nessuna interazione tra le particelle può avere luogo a una velocità maggiore di quella assunta dalla luce nel vuoto (che, in accordo con i postulati della Teoria della Relatività di Einstein, costituirebbe dunque un limite assoluto nell’Universo).

Ebbene, com’è stato provato nell’ambito d’innumerevoli esperimenti appositamente progettati ed eseguiti al fine di verificare la predetta diseguaglianza, la meccanica quantistica puntualmente viola la condizione imposta da quest’ultima, fornendo livelli di correlazione tra particelle lontane superiori rispetto a quelli occorrenti se la diseguaglianza di Bell fosse rispettata.

Tale risultato pone innanzitutto un interrogativo di natura “filosofica”: è forse possibile che il comportamento del sistema fisico risulti in qualche maniera predeterminato, ossia indipendente dalla nostra possibilità di scegliere a piacimento le condizioni sperimentali, nel fornire il risultato ottenuto?
Oppure dobbiamo ritenere che le proprietà quantistiche misurabili delle particelle non siano “reali” (ossia inerenti la natura stesse delle medesime particelle) ma esistano “semplicemente” come risultato delle nostre percezioni (o più precisamente delle nostre misurazioni eseguite sul sistema fisico in questione)?
Se non siamo disposti a ritenere, com’è ragionevole che sia, che la realtà che sperimentiamo sia creata esclusivamente dalla nostra interazione con il mondo circostante all’atto della percezione o della misurazione, allora dobbiamo accettare la possibilità che l’interazione quantistica a distanza tra particelle intrecciate si trasmetta a una velocità superiore a quella della luce nel vuoto.