I Rapporti umani...
... e il riconoscimento dell'amore, la compassione; unici e solo percorsi, elementi divini, che devono essere contenuti in ogni azione umana.
Senza questi elementi divini...ogni rapporto, azione di ogni essere umano è un'isola che deve sottostare, sopportare tutte le avversità della vita.
Ricordiamo che, in assenza dell'altro, noi non esistiamo.
Così è nel mondo del relativo in opposizione al mondo dell'assoluto,
dove risiede solo DIO.
Una volta che abbiamo compreso questo in modo chiaro, una volta che
noi lo abbia profondamente afferrato per intuito benediremo ogni e qualsiasi
esperienza e tutti gli incontri umani, e soprattutto i rapporti personali, perché li
vedremo come costruttivi, nel più alto significato del termine.
La conoscenza, l'esperienze la relatività non potrebbero esistere.
Si vivrebbe solo in un mondo concettuale priva di riferimenti e di realtà.
L'esistenza di ogni essere vivente non avrebbe sapore, colore...sentimenti e
la sua esistenza sarebbe fortemente in pericolo.
Solo e a tale ragione Dio ha creato il nostro mondo...in cui adesso viviamo;
un mondo, una realta relativa dove ogni cosa ha il suo opposto che fa vivere
l'esperienza ad ogni essere vivente.
I rapporti sono sacri, poiché forniscono le più grandi opportunità della
vita.
In effetti con i rapporti abbiamo le uniche opportunità - di creare e di produrre l'esperienza
e quindi dare espressione al più elevato concetto di Sé.
Ma ATTENZIONE...
Per ottenere delle felici relazioni occorre vivere i rapporti secondo lo scopo per cui sono intese…non per lo scopo che si ha stabilito.
Le relazioni falliscono quando le si considerano... la più grande opportunità della vita di creare e di produrre l'esperienza nel dare espressione, da parte nostra, al più elevato concetto di un altro.
Spesso andiamo in crisi per il fallimento dei nostri rapporti e con tanta delusione ci poniamo la domanda...
"Quando imparerà a sufficienza per riuscire ad avere dei buoni rapporti per quanto riguarda :
-l' amicizia;
-l'amore;
-In generale...ogni rapporto
Certamente esiste un modo per essere felici in un rapporto.
Non è possibile che in esso ci sia sempre una sfida.
Non abbiamo niente da imparare circa i rapporti. Ci basta dimostrare...
vivendoli
quello che già siamo.
E c'è un modo per ottenere delle felici relazioni con gli altri, ed
è quello di utilizzare tali relazioni secondo lo scopo per cui sono intese,
non per lo scopo che tu hai stabilito.
I rapporti in effetti sono sempre una sfida; richiedono di continuo che si crei,
si esprimi e sperimenti aspetti sempre più elevati di...
Noi stesso e che si possa
offrire immagini di noi sempre più grandiose e visioni addirittura magnifiche.
In nessuna circostanza riusciremo a fare questo in maniera più immediata, con
maggiore impatto, e in un modo impeccabile di quanto lo possiamo fare in
un rapporto di amicizia.
In effetti, senza un rapporto con qualcosa che è…Altro da Noi, ciò non ci
sarebbe mai possibile.
Soltanto mediante i nostri rapporti con persone, luoghi ed eventi abbiamo la
possibilità di esistere come quantità apprezzabile, come qualcosa di
identificabile…nell'universo.
Ricordiamo, in assenza dell'altro, noi non esistiamo.
Così è nel mondo del relativo in opposizione al mondo dell'assoluto,
dove risiede DIO.
Una volta che abbiamo compreso questo in modo chiaro, una volta che
noi lo abbia profondamente afferrato per intuito benediremo ogni e qualsiasi
esperienza, tutti gli incontri umani, e soprattutto i rapporti personali, perché li
vedremo come costruttivi, nel più alto significato del termine.
Ci renderemo conto di come possano essere usati…debbano essere usati…
e siano usati “che noi lo vogliamo o no” .
Questo…tutto ciò al fine di costruire Chi Siamo Veramente.
Tale costruzione può essere una magnifica creazione del nostro stesso
consapevole proposito, o una configurazione del tutto fortuita.
Possiamo scegliere di essere una persona che è risultata meramente
da quanto è accaduto, oppure da quello che ha scelto di essere e di fare
circa quanto è accaduto.
È in quest'ultima forma che la creazione di Sé diventa consapevole.
È nella seconda esperienza che si realizza l'io.
Benediciamo perciò tutti i rapporti, e consideriamo ciascuno di essi come
qualcosa di speciale e di formativo di Chi Siamo, e adesso scegliamo di essere.
Ora il nostro interrogativo ha a che fare con i rapporti umani individuali di
tipo sentimentale, e questo si comprende.
A tale proposito dobbiamo riferirci in maniera specifica alle relazioni amorose
umane, quelle che da sempre…continuano a darci tanti guai…!
Premesso che i rapporti non falliscono mai davvero, tranne che nel senso
strettamente umano, se non producono quanto si desidera.
Quando i rapporti d'amore falliscono lo fanno perché hanno inizio per un
motivo sbagliato.
“ Premesso sempre che Sbagliato rappresenta un termine relativo”,
Per cui sarebbe meglio dire che: I rapporti falliscono nella maggior parte dei
casi quando hanno inizio per ragioni non del tutto vantaggiose o
confacenti alla loro sopravvivenza.
La maggior parte delle persone dà inizio a una relazione tenendo d'occhio
quello che ne può ricavare, invece di considerare quello che potrebbe essere
il suo vero apporto.
Lo scopo di una relazione è di decidere quale parte di noi stessi ci piacerebbe che
venisse allo scoperto, non quale parte di un altro di noi potrebbe catturare e trattenere.
Ci può essere un solo scopo per un rapporto, e per tutto nella vita…
essere e decidere Chi Siamo Veramente.
E molto romantico dire che non eravamo “niente” fino a quando l'altro individuo
speciale non si è conosciuta…ma non è vero.
E’ ancora peggio fare questa affermazione, perché si sottopone a una incredibile pressione
l'altra perché sia tutto quel genere di cose che lui, o lei, non è.
Infatti…non volendo deludere l’altra/o cercherà con tutto l'impegno di essere e
di adeguarsi a quelle cose fin quando non ce la fanno più.
Non riescono più a rappresentare l'immagine che si è fatta di loro.
Non sono più in grado di interpretare i ruoli che sono stati loro assegnati.
Cresce così il risentimento e a esso segue la collera. In ultimo, per salvare
sé stesse e il rapporto queste creature speciali incominciano a reclamare il proprio
vero essere, comportandosi maggiormente in accordo con quello Che Essi Sono
Veramente.
Arrivati più o meno a questo punto, diremo che sono davvero cambiati.
È molto romantico dire che l'ingresso nella nostra vita di questo altro
individuo speciale vi ha fatto sentire completi. Eppure lo scopo del
rapporto non è quello di avere un altro il quale vi posso completare;
bensì di avere un altro con il quale condividere la vostra completezza.
Qui sta il paradosso di tutte le relazioni umane. Non abbiamo nessun
bisogno di un particolare altro individuo perché possiamo sperimentare
appieno Chi Siamo e d'altra parte, senza un altro, non siamo nulla.
Ciò costituisce a un tempo il mistero e la meraviglia, la frustrazione e la gioia
dell'esperienza umana. Richiede una profonda comprensione e una
totale volontà il vivere entro questo paradosso in un modo che abbia
senso.
Succede che pochissime persone ci riescono. La maggior parte di
noi entra nel periodo di formazione dei rapporti amorosi colma di
aspettative, piena di energia sessuale, a cuore aperto, e con animo
gioioso, se non entusiasta.
A un certo punto, tra i quaranta e i sessant'anni; e per la maggior parte è
prima piuttosto che dopo, rinunciamo ai nostri sogni più grandiosi, mettiamo
da parte le speranze più audaci e ci adattiamo alle più modeste aspettative,
o addirittura al nulla.
Il problema è così fondamentale, così semplice eppure frainteso in
maniera tanto tragica: il nostro sogno più grandioso, la nostra più
elevata concezione e la speranza più tenera hanno avuto a che fare più
con il nostro diletto compagno/a che non con il vostro diletto Sé.
La relazione è stata messa alla prova mediante lo stabilire fino a quale punto
l'altro/a fosse in sintonia con le nostre idee, e quanto voi sareste stato in
sintonia con quelle di lui, o di lei. E comunque l'unico vero test ha a che
fare con la misura in cui noi siamo in accordo con le nostre opinioni.
I rapporti sono sacri, poiché forniscono le più grandi opportunità della
vita - in effetti le sue uniche opportunità - di creare e di produrre l'
esperienza del dare espressione al più elevato concetto di Sé.
Le relazioni falliscono quando le si considera la più grande opportunità
della vita di creare e di produrre l'esperienza del dare espressione, da
parte nostra, al più elevato concetto di un altro.
Lasciamo che ogni individuo in un rapporto si preoccupi del proprio Sé,
di come sia, agisca e disponga, di quale Sé Stesso voglia essere, di cosa
pretenda e offra, di quale Sé Stesso stia cercando, creando e sperimentando, e tutti i
rapporti assolveranno in maniera magnifica i propri scopi, e riusciranno
a dimostrarsi utili in maniera altrettanto magnifica a coloro che vi
partecipano!
Facciamo in modo che ogni persona in un rapporto non si preoccupi
dell'altro, ma soltanto, unicamente del proprio Sé.
Questo potrebbe sembrare uno strano insegnamento, perché ci è stato detto che nella più
alta forma di rapporto ci si preoccupa soltanto dell'altro. Eppure dobbiamo sapere che:
il focalizzare l'attenzione sull'altro - l'ossessione di cui si fa oggetto l'altro - costituisce la
causa del fallimento dei rapporti.
Come sta l'altro? Che cosa sta facendo l'altro? Che cosa gli sta capitando?
Che cosa sta dicendo? Volendo? Pretendendo? Che cosa sta pensando l'altro?
Che cosa si spetta? Quali sono i suoi progetti?
Il Maestro si rende conto di quanto poco importi come stia l'altro, che
cosa faccia, che cosa gli capiti, che cosa stia dicendo, che cosa voglia e
che cosa pretenda. Non ha importanza che cosa stia pensando l'altro,
quello che si aspetta, ciò che si propone. Importa soltanto come ti
comporti tu in relazione a tutto questo. La persona più adorabile è la
persona «egocentrica», cioè centrata sul proprio sé.
Questo non è un insegnamento radicale...
se si esamina con cura. Se non si riesce ad amare se Stessi, non
possiamo amare un altro. Molte persone commettono l'errore di cercare
l'amore per Sé attraverso l'amore per un Altro. Certo, non si rendono
conto di comportarsi così.
Non si tratta di uno sforzo consapevole. È
quanto accade nella mente. Nel profondo della mente, in quello che
chiamate inconscio, pensate: Se soltanto riusciamo ad amare gli altri, gli
altri ameranno me.
Diventeremo quindi simpatici e potranno volermi bene. In
realtà un gran numero di persone si detesta perché ha l'impressione di
non essere amato da nessuno. Questa è una malattia che si verifica
quando gli individui sono davvero "consumati d'amore"
perché in verità
gli altri li amano, ma questo non ha importanza. Non ha nessuna
importanza quante siano le persone a dichiarare il proprio amore nei loro
confronti, non è sufficiente.
Innanzitutto loro non ci credono. Pensano di
essere manipolati, pensano che si cerchi di ottenere qualcosa.
Come è
possibile essere amati per quello che si è veramente...?
No. Deve esserci
un errore. Gli altri vogliono qualcosa in cambio! Ma che cosa...?
Stanno lì
a cercare di capire in quale modo si potrebbe davvero amarli. Perciò non
credono a quanto viene loro detto e danno inizio a una campagna per
indurre gli altri a provare il proprio amore.
Per far questo possono
pretendere da chi li ama che cominci con il cambiare comportamento.
In secondo luogo, se in ultimo giungono a un punto in cui possono
credere di essere amati, cominciano subito a preoccuparsi a proposito di
quanto a lungo potranno conservare questo amore, e iniziano con
l'alterare il proprio comportamento.
Di conseguenza, due persone si
perdono letteralmente in un rapporto. Si buttano in una relazione
sperando di trovare sé stesse, e invece finiscono per perdersi.
Questa
perdita del Sé è la maggiore causa di amarezza e del senso di fallimento.
Due persone si uniscono in un'associazione con la speranza che il tutto
sarà più grandioso della somma delle parti e finiscono per scoprire come
ciò risulti invece assai inferiore.
Si sentono diminuiti rispetto a quando
erano soli. Meno capaci, meno abili, meno eccitanti, meno attraenti,
meno allegri, meno felici. Ciò accade perché in effetti si sono diminuiti.
Hanno rinunciato alla maggior parte di quello che erano allo scopo di
essere - e di restare - uniti in quel rapporto.
Le relazioni non sono mai
state intese per essere in questo modo. Eppure questo è il modo in cui
vengono sperimentate dalla maggior parte delle persone. Questo perché
la gente ha perduto il contatto "ammesso che lo abbia mai stabilito" con
lo scopo dei rapporti umani.
Quando non ci si consideri a vicenda come anime sante impegnate in
un sacro viaggio, allora non si riesce a vedere lo scopo, il motivo, celato
dietro ogni rapporto.
L'anima è venuta al corpo e il corpo alla vita con lo
scopo di evolversi. Ci stiamo evoluendo, ci stiamo adottando. E ci stiamo servendo
dei nostri rapporti con ogni cosa per decidere quello che stiamo diventando.
Questo è il compito che siamo venuti qui ad assolvere.
Questa è la gioia di
creare il tuo Sé. Di conoscere il nostro Sé. Di diventare in maniera
consapevole quello che vogliamo essere.
Questo è quanto si intende con l'essere Consapevoli di Sé.
Abbiamo portato il nostro Sé nel mondo relativo in modo da disporre dei mezzi con
i quali conoscere e sperimentare Chi Siamo Veramente. Chi Siamo è quanto noi stessi
abbiamo creato per essere in relazione con tutto il resto.
I nostri rapporti personali sono gli elementi più importanti in questo processo.
I nostri rapporti personali costituiscono perciò un sacro territorio. Non hanno
virtualmente niente a che fare con l'altro individuo, eppure, poiché lo coinvolgono,
hanno tutto a che fare con lui.
È questa la divina dicotomia. Questo è il circolo chiuso. Per cui può non essere un insegnamento così radicale dire: «Benedetti gli egocentrici, perché conosceranno Dio».
Potrebbe non essere un cattivo traguardo nella nostra vita conoscere la parte più elevata di noi e starne al centro.
Il nostro rapporto più importante, perciò, deve essere con il nostro Sé.
Dobbiamo per prima cosa imparare a onorare e ad aver caro noi Stessi.
Dobbiamo prima imparare a valorizzare Noi Stessi per poter valorizzare un
altro.
Debbiamo innanzitutto considerare Noi Stessi benedetti prima di poter
vedere altri come benedetti. Dobbiamo prima riconoscere il nostro Sé come
santo per poter avere coscienza della santità dell'Altro.
Se metti il carro davanti ai buoi - come ci chiedono di fare molte
religioni - e se riconosciamo un altro come santo prima di aver riconosciuto
noi stessi, un giorno potremmo risentirtene.
Se c'è una cosa che nessuno di noi sopporta è che ci sia qualcuno più santo di noi.
Eppure le nostre religioni ci costringono a chiamare gli altri più santi di noi.
E così facciamo, per qualche tempo, dopo di che li crocifiggiamo.
ABBiamo crocifisso (in un modo o nell'altro) tutti coloro che sono venuti a portarci
L’insegnamento di Dio…non soltanto uno.
L’abbiamo fatto non perché fossero più santi di noi, ma perché siamo stati noi a
considerarli tali.
Costoro sono venuti tutti con lo stesso messaggio. Non hanno detto: «Io sono più
santo di voi», ma: «Voi siete santi quanto Me». Questo è il messaggio
che non siamo stati capaci di udire; questa è la verità che non siamo stati
in grado di accettare.
E questa è la ragione per cui non riusciamo mai a innamorarci di un altro in maniera
sincera, pura. Non ci siamo mai innamorati in modo puro, sincero, di Noi Stessi.
E di conseguenza dobbiamo sapere questo:
concentriamoci ora e per sempre su noi Stessi.
Osserviamo per vedere quello che siamo, quello che stiamo facendo e otterremo
in ogni dato momento, non quello che succede a un altro.
Non è nelle azioni di un altro, ma nelle nostre azioni, che verrà a trovarsi la nostra salvezza.
Da quanto detto sicuramente potrebbe suonare come se non dovessimo
badare a quello che gli altri ci fanno all'interno del rapporto. Potremmo dire che
possono fare qualunque cosa, e fin tanto che manteniamo il nostro equilibrio,
la nostra posizione «egocentrica», niente ci può toccare.
In ogni caso gli altri
ci toccano…le loro azioni certe volte ci feriscono…
Sicuramente verrà il giorno in cui non ci sentiremo più così…accadrà
quando ci renderemo conto, e ne saremmo consapevole, del vero significato
dei rapporti e della loro vera ragione d'essere.
Si sicuramente proprio perché abbiamo dimenticato questo, reagiamo
nel modo in cui reagiamo. Ma va bene così. Fa parte del processo
della crescita…fa parte dell'evoluzione.
È il Lavoro dell'Anima quello in cui ci troviamo immersi in un rapporto, eppure
ciò costituisce una profonda comprensione, un vasto ricordare.
Fin quando non rammenteremo questo e non rammenteremo anche come servirci
di un rapporto come di un mezzo per la creazione del Sé – dobbiamo lavorare al livello
al quale ci troviamo. Il livello della comprensione, il livello della determinazione,
il livello del ricordo.
E così ci sono cose che potremmo fare quando reagiamo sentendoci addolorati
e offesi di fronte a quanto sta mostrando di essere qualcun altro, a quanto
sta dicendo o facendo.
La prima cosa è ammettere con sincerità con noi stessi e con l'altro quello che
stiamo provando.
Molti di noi sono timorosi di farlo, perché pensano di «dare una cattiva impressione».
In qualche punto, in profondità dentro di loro, si rendono conto che forse è ridicolo
«provare quella sensazione». Probabilmente li diminuisce. Sono meno
«meschini di così». Ma non ci possono fare nulla. Continuano a sentire
in quel modo.
C'è soltanto una cosa che possiamo fare… tener fede ai nostri sentimenti.
Poiché tener fede ai nostri sentimenti significa tener fede a noi Stessi.
E dobbiamo amare il nostro prossimo come amiamo noi stessi.
Come possiamo mai aspettarci di capire e tener fede ai sentimenti di un altro
se non riusciamo a tener fede ai sentimenti all'interno del nostro Sé..?
La prima domanda in ogni processo interattivo con un altro è:
Ora, Chi Sono e Chi Voglio Essere, in rapporto a questo…?
Spesso non ricordiamo Chi Siamo, e non sappiamo Chi Vogliamo Essere
fin quando non mettiamo alla prova qualche modo di essere.
È questa la ragione per cui tener fede ai nostri più sinceri sentimenti
ha tanta importanza.
Se la nostra prima sensazione è una sensazione negativa, semplicemente
provare tale sensazione basta per farcene allontanare.
E proprio quando siamo in preda alla collera - quando ci sentiamo offesi,
proviamo disgusto, rabbia desiderio di…ricambiare il male…
che è giunto il momento in cui possiamo rinnegare questi primi sentimenti come
qualcosa che non è in grado di personificare Chi Vogliamo Essere.
Il Maestro è colui, o colei, che ha vissuto tali esperienze in misura
sufficiente per rendersi conto in anticipo di quali siano gli esiti. Non ha
bisogno di…mettersi alla prova.
Ha indossato queste vesti in precedenza e sa che non gli si adattano;
non sono…le sue.
E dal momento che la vita di un Maestro è dedicata alla costante realizzazione
di Sé…come uno sa di essere, tali sentimenti inappropriati non sarebbero
mai accettati.
Questa è la ragione per cui i Maestri restano imperturbabili di fronte a
quelle che altri potrebbero definire calamità.
Un Maestro benedice la calamità, perché il Maestro sa che dai semi di un disastro
…e da tutte le esperienze… deriva la crescita dell'Io.
E il secondo scopo nella vita del Maestro è sempre la crescita.
Poiché quando una persona ha totalmente realizzato il proprio Sé,
non resta più nulla da fare tranne che realizzarsi ancora di più.
E a questo punto si passa dal lavoro dell'anima al lavoro di Dio,
poiché è questo quello a cui Dio si dedica…!
Presumo che siamo ancora impegnati nel lavoro dell'anima.
Stiamo ancora cercando di renderci conto…di rendere reale
Chi Siamo Veramente.
La vita DIO ci darà magnifiche opportunità di creare ciò.
“ Non dimentichiamo…la vita non è un processo di scoperta…
la vita è un processo creativo.
Possiamo creare Chi Siamo più e più volte. In effetti, lo facciamo tutti i giorni.
Così come stanno le cose adesso, non dobbiamo sempre uscircene con la stessa
reazione, comunque. Data una stessa esperienza esteriore, il primo
giorno possiamo scegliere di essere pazienti, amabile e gentile in relazione a
essa. Il secondo giorno possiamo scegliere di essere irosi, sgradevole, tristi.
Il Maestro è quello che esprime sempre la stessa reazione e tale reazione
è ogni volta la scelta più alta.
In questo comportamento il Maestro è prevedibile, senza esitazioni Viceversa
l'allievo è del tutto imprevedibile.
La scelta più elevata
Si può dire a che punto si trova una persona sulla via della ricerca
spirituale limitandosi a osservare quanto sia prevedibile nel fare la più
alta scelta, quando risponde o reagisce a una qualsiasi situazione.
Naturalmente ciò spalanca la via alla domanda:
Qual è la scelta più elevata?
Ciò rappresenta un interrogativo attorno al quale hanno ruotato le
filosofie e le teologie dell'uomo fin dal principio dei tempi.
Se la domanda ci affascina davvero ci troviamo già sulla strada della
realizzazione del Sé.
Perché la maggior parte della gente continua a essere assorbita
soprattutto da un altro interrogativo...Non: Qual è la scelta più elevata?
ma:
Qual è la più conveniente…?
Oppure:
Come ci posso perdere di meno…?
Quando la vita è vissuta tenendo conto soltanto di come riuscire a
mantenere sotto controllo i danni o a ricavare il massimo vantaggio, il
vero beneficio dell'esistenza va perduto.
Eppure non verrete mai a conoscenza di ciò nel corso della nostra esperienza
se continuiamo a dare risposta alla seconda domanda e non alla prima.
Poiché…soltanto una persona che ritenga ci sia qualcosa da guadagnare
o da perdere pone la seconda domanda.
E soltanto una persona che vede la vita in maniera diversa…
che consideri il proprio Io come un essere superiore,
capisca che vincere o perdere non rappresenta il criterio di giudizio, ma
lo è solamente il fatto di amare o di mancare di amare - pone la prima domanda.
Colui che pone il secondo interrogativo dice: “ Sono il mio corpo “.
Colui che pone il primo dice: “Io sono la mia anima”. Lascia che tutti
coloro i quali hanno orecchie per intendere, ascoltino. Perché Io ti dico
questo: al momento della crisi in tutti i rapporti umani esiste un'unica
domanda:
Che cosa farebbe adesso l'amore…?
Nessun'altra domanda è degna di rilievo, nessun'altra domanda
ha significato, nessun'altra domanda ha qualche importanza per la nostra anima.
Ora siamo arrivati a occuparci di un punto molto delicato da
interpretare, poiché questo principio dell'azione sostenuta dall'amore è
stato ampiamente frainteso, ed è questo fraintendimento a portare ai
risentimenti e alle arrabbiature nella vita, le quali a loro volta hanno fatto
sì che un numero così ingente di individui abbia smarrito la via.
Per secoli vi è stato insegnato che le azioni sostenute dall'amore
derivano dalla scelta di essere.
Fare e aver qualsiasi cosa produca il maggiore beneficio per un altro.
Eppure Dio dice questo:
la scelta più elevata è quella che produce il più alto bene per Noi.
Sebbene contenga tutta la più profonda verità spirituale, il mistero di
questa dichiarazione si chiarisce nel momento in cui uno decide in che
cosa consiste il più alto «bene» per sé stesso.
E quando la scelta più elevata in assoluto viene fatta, il mistero si dissolve,
il cerchio si completa, e il più alto bene per Noi diventa il più alto bene per un altro.
Possono volerci intere esistenze per comprendere ciò e addirittura
più vite per renderlo effettivo
… poiché questa verità ruota attorno a un'altra anche più grande…
Quello che fai per Te Stesso, lo fai per un Altro...
Quello che fai per un Altro lo fai per Te Stesso.
Questo perché tu e l'altro siete una cosa sola.
E questo perché non esiste nulla se non tu.
Tutti i Maestri che hanno calpestato il suolo del nostro pianeta lo
hanno insegnato.
“In verità, in verità, vi dico, poiché avete fatto questo
all'ultimo dei miei fratelli, lo avete fatto a Me”
Ma comunque ciò è rimasto per la maggior parte delle persone semplicemente
una grande verità esoterica, con scarse applicazioni pratiche.
In effetti è la verità…spirituale… più praticamente applicabile di tutti i tempi.
È importante ricordarsi nei rapporti di questa verità, poiché senza di
essa i rapporti sono molto difficili.
Tornando alle applicazioni pratiche di questa saggezza, si constata
che di sovente, in relazione alle antiche interpretazioni, le persone di
buone intenzioni e ben disposte e spesso assai religiose hanno fatto
quanto ritenevano sarebbe stata la cosa migliore per gli altri individui nei
loro rapporti.
E ciò nella maggior parte dei casi ha favorito un continuo
abuso da parte degli altri. Ingiustificati maltrattamenti. Ininterrotte
disfunzioni nei rapporti.
E in ultimo, la persona che cerca sempre di «fare quanto è giusto» per
gli altri, di perdonare senza indugio, di mostrare compassione, di
continuare a non dare peso a taluni problemi e comportamenti, diventa
piena di risentimento, irritata e diffidente, perfino nei confronti di Dio.
Perché come può un Dio giusto pretendere una tale sofferenza senza
fine, una tale tristezza, e un tale sacrificio sia pure in nome dell'amore?
La risposta è:
Dio non lo pretende. Dio pretende soltanto che includiamo anche noi stessi
tra coloro che amiamo. Dio si spinge ancora più in là. Dio suggerisce, raccomanda,
che ci anteponiamo agli altri.
Dicendo queste cose so benissimo che alcuni si scandalizzeranno, e che altri
le accetteranno per distorcerle e adattarle ai propri scopi…
per giustificare empietà.
Ma anteporre Noi stessi, nel senso più elevato, non porta mai a compiere azioni empie.
Se perciò ci siamo sorpresi, nell'atto di commettere un'empietà come risultato del fare,
quanto per noi è meglio, vuol dire che abbiamo frainteso ciò che per noi
sarebbe stata la cosa migliore.
Com'è naturale, determinare quanto per noi è meglio, richiederà da
parte nostra lo stabilire anche che cosa stiamo cercando di fare. Questo è
un passo importante che molte persone trascurano.
Che cosa…intendiamo fare…?
Qual è il nostro scopo nella vita…?
Senza risposte a queste domande, la questione di che cosa sia…meglio…
in una data circostanza resterà per noi un mistero.
Se consideriamo quello che è meglio per noi in situazioni in cui si commettono abusi
ai nostri danni, decideremo di porre fine all'abuso.
E questo sarà un bene per noi e anche per chi sta abusando di noi.
Perché chi commette un abuso subisce un abuso quando gli si consente di
continuare nel suo comportamento.
Perché se chi si comporta male si accorge che la sua cattiva azione è accettabile,
che conclusione ne trarrà…?
Mentre se chi abusa scopre che il suo misfatto non verrà più tollerato,
gli sarà consentito di modificare il proprio comportamento.
Perciò, trattare gli altri con amore non significa necessariamente
permettere al prossimo di fare quello che vuole.
I genitori imparano ben presto tutto ciò con i figli.
Gli adulti non sono altrettanto rapidi a metterlo in pratica con gli altri adulti,
né una nazione con un'altra nazione.
Ma non si può consentire ai despoti di prosperare, devono invece essere fermati.
L'amore di Sé, e l'amore per i despoti stessi, lo esige .
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